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Il Presidente della Fondazione smentisce però l’esistenza di atti formali e sostiene Piraino

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«Il recupero del manufatto nasce, da un lato, dall’esigenza di restituire alla città un monumento radicato nella memoria collettiva e importante per la comprensione della sua evoluzione storica, dall’altro si propone di valorizzare, attraverso la rivisitazione della sua antica e singolare destinazione quale luogo di diletto e museo delle cere, antiche attività che si vanno perdendo. I lavori prevedono interventi di restauro e valorizzazione sia degli spazi interni che esterni in una zona che non offre punti di aggregazione. All’interno del contenitore monumentale sarà trasferito il Museo del Giocattolo, oggi ospitato nella villa settecentesca Aragona Cutò di proprietà del Comune, e si avvieranno attività collaterali: un laboratorio di ceroplastica ecc.»

Con queste testuali parole, gli ispettori del Ministero della Coesione Territoriale, nel corso di un sopralluogo del cantiere a Novembre del 2012, chiarivano la natura e le finalità del finanziamento del restauro della Certosa di Palazzo Butera, sede sul finire del XVIII secolo di un originalissimo museo delle cere, ideato dal principe  Ercole Michele Branciforti Pignatelli.

L’obiettivo dell’intervento, finanziato con fondi POR del FESR Sicilia 2007-2013, era proprio quello di far rinascere, in quelle sale finalmente restituite alla collettività, un centro museale che ricucisse il filo spezzato della memoria popolare.

ImmagineLa persona più adatta a compiere questa missione fu subito individuata in Pietro Piraino, esperto ceroplasta e collezionista di antichi giocattoli, fondatore di un Museo tutelato dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali, destinato proprio alla memoria e conservazione degli antichi giochi: più di mille pezzi raccolti in oltre quarant’anni, alcuni dei quali rarissimi, e dal valore stimato in quasi due milioni di euro, che per dieci anni sono stati oggetto di un’esposizione permanente ospitata in un’ala di Palazzo Aragona Cutò, a Bagheria.

Un museo amato dai bambini e pensato per loro, ma anche per i più adulti che hanno potuto rivedere alcuni vecchi compagni della loro infanzia, bambole in porcellana, cera, cartapesta, panno Lenci, celluloide, mignonettes, cavallucci e automobili a pedali, case di bambole, giochi meccanici e scientifici, automi: probabilmente lo stesso Giuseppe Tornatore è stato ispirato da uno di questi meravigliosi giocattoli, vere e proprie opere d’arte, quando ha scritto la sceneggiatura del suo ultimo film La migliore offerta, in cui attorno ad un automa settecentesco ruotava l’avvincente trama.

Sul Museo del Giocattolo e le sue sorti, proprio come nel film di Tornatore, in questi mesi è sorto un vero giallo, quasi un thriller, di cui solo adesso si cominciano a delineare gli eventi.

Ed è proprio il Maestro Piraino che ha deciso di raccontarli, avendo deciso (ma sarebbe più corretto parlare di costrizione) di gettare la spugna e di chiudere il museo, dopo dieci anni di incomprensioni ed ostacoli politici.

Le stanze che prima ospitavano vetrine traboccanti di meravigliosi balocchi, oggi infondono una grande tristezza: le sale appaiono grigie e spoglie, persino gli affreschi del Borremans che decorano i soffitti, sembrano aver perso la loro allegra policromia. Quasi tutti i pezzi dell’esposizione, infatti, sono stati già imballati, in attesa di essere trasferiti in un deposito, ma già da quasi un anno, senza che nessuno abbia alzato un dito, dentro e fuori i palazzi della politica cittadina, il Museo è sostanzialmente chiuso al pubblico, per la sottrazione del personale comunale che coadiuvava logisticamente alle attività del museo.

Che ne è stato, dunque, del progetto di trasferimento alla Certosa?

«A metà giugno – ci racconta Piraino – mi avevano proposto una nuova convenzione, con condizioni assurde: oltre alle intere spese di trasloco dell’intero museo (circa 5000 euro), avrei dovuto sostenere di persona metà delle spese per le utenze di luce, internet, telefono, gas ed acqua, in più avrei dovuto dare al Comune metà dei proventi dei biglietti (come già prevedeva la vecchia convenzione), garantire l’accesso gratuito a tutti gli alunni degli istituti bagheresi ed agli ospiti dell’amministrazione, oltre a ciò anche più di trecento ore di didattica all’anno sull’arte della ceroplastica, ovviamente a titolo gratuito. Inoltre – ha aggiunto – nella nuova proposta si riduceva drasticamente l’orario di apertura al pubblico del museo arrivando a tre ore giornaliere per cinque giorni di apertura alla settimana, con un solo dipendente comunale a disposizione. Il tutto in una presunta ottica di risparmio. Come avrei potuto accettare?»

Il contratto-capestro, com’è comprensibile, viene rifiutato dallo stesso Piraino e ritirato dallo stesso Comune: qualcuno a quel tavolo s’era avveduto d’averla fatta troppo grossa.

Eppure, il peggio deve ancora venire. A seguito di quella prima trattativa saltata, Piraino attraversa una fase problematica legata alla sua salute, ragione per cui decide di inviare, siamo a Ferragosto di questo anno, al Sindaco Lo Meo una lettera in cui esprime la sua intenzione di desistere dal progetto di trasferire il Museo alla Certosa. Ad un mese di distanza, il 18 Settembre, Lo Meo risponde accettando la rinuncia e ricordando che, a seguito della stessa, Piraino dovrà abbandonare i locali di Palazzo Cutò entro il 20 Novembre 2013, data della scadenza della precedente convenzione.

Un benservito in piena regola. Accade però che, ai primi di ottobre, fortunatamente Piraino si avvia ad una completa ripresa e comunica, per telefono, la sua disponibilità a riprendere le fila del progetto. Da Lo Meo, stavolta, giunge un lapidario niet. La Certosa è già stata destinata ad altri, fa sapere.

E chi sarebbero questi altri?

Lo stesso Lo Meo, alla fine di settembre, anticipa la notizia. L’occasione è la presentazione della mostra di Musti a Palazzo Butera e così Lo Meo si esprime: «Stiamo conducendo un’operazione di salvaguardia e valorizzazione dei nostri beni architettonici-culturali in qualche modo dedicando ogni bene ad un grande artista locale: la galleria civica al grande Renato Guttuso, villa Cutò vorremmo dedicarla a Tornatore (dedicare un monumento ad una persona ancora in vita, una perla di eleganza retorica!, ndr), la Certosa ad Ignazio Buttitta cercando di portare lì la Fondazione Buttitta…».

Nella relazione del Ministero citata in incipit, si parla espressamente del Museo del Giocattolo di Pietro Piraino come parte integrante del progetto di recupero della Certosa stessa.

La Fondazione dedicata al poeta Ignazio Buttitta, per la sua natura e per la specificità delle sue attività, non rispecchia pienamente gli obiettivi che stanno alla base di questo intervento, mentre al contrario, è proprio la rinascita, nel luogo dove storicamente ebbe luogo prima di andare disperso e distrutto, di un museo destinato alla ceroplastica, con annesso laboratorio di Piraino, a rispondere pienamente a quelle finalità.

Può un Sindaco (avallato da un assessore come la dottoressa Favatella Lo Cascio) arbitrariamente decidere di ignorare i vincoli che determinano lo stesso finanziamento comunitario dell’opera?

Il Ministero è a conoscenza di queste variazioni circa la destinazione d’uso del sito della Certosa?

Interpellato dal Settimanale, Lo Meo ha in parte corretto il tiro, o forse neppure questo: «Il nostro obiettivo è quello di mantenere tutti i musei di Bagheria. Noi vogliamo che Piraino resti, ma è lui che vuole tornare a Palermo e Bagheria rappresenterebbe per lui soltanto una soluzione di ripiego che non possiamo accettare. Alla Certosa vogliamo ospitare la Fondazione Buttitta ed un museo»: quanti inquilini per degli spazi, come quelli della Certosa, così angusti! Per museo intende quello del Giocattolo, chiediamo? «No», è la secca risposta, ma forse sì, quando gli ricordiamo che il Ministero potrebbe togliere i finanziamenti se venisse utilizzata la Certosa per altri scopi da quelli già previsti.

Piraino, intanto, smentisce categoricamente questa versione dei fatti, ribadendo la sua volontà di restare a Bagheria e confermando che l’unica nuova sede che «ospiterà» la collezione, sarà un magazzino che affitterà a proprie spese, ma che, ancora peggio, potrebbe chiedere alla Sovrintendenza di togliere il suo vincolo sulla collezione e di consentirne lo smembramento e la vendita all’asta. Non è difficile immaginare cosa possa significare questo per una persona come Piraino che ha dedicato quarant’anni della sua vita alla raccolta, catalogazione e studio di questi veri e propri oggetti d’arte.

Nel frattempo, visto che è stata tirata in ballo, ci siamo chiesti se esistesse una qualche documentazione scritta che attestasse, prima del ripensamento del maestro Piraino, un accordo formale con la stessa Fondazione Buttitta, o se le ferme prese di posizione di Lo Meo circa il futuro della Certosa non fossero che semplici propositi spacciati per atti già compiuti.

Per vederci chiaro, abbiamo ritenuto opportuno ascoltare il Presidente della Fondazione Buttitta, il professore Ignazio Buttitta, il quale ha confermato l’esistenza di contatti informali avuti con l’assessore alla Cultura di Bagheria, la dottoressa Dora Favatella Lo Cascio, ma ha smentito categoricamente l’esistenza di un qualche iter formale per la concessione dei locali della Certosa alla stessa Fondazione: «Sono stato contattato dall’assessore, – ha dichiarato Buttitta al Settimanale, il quale mi prospettava la possibilità di portare un settore della Fondazione a Bagheria, ma a questo primo contatto informale non è seguito più nulla. Di certo – ha detto – io non ho firmato nessun pezzo di carta».

Quando abbiamo comunicato che il progetto di restauro della Certosa aveva come finalità l’istituzione al suo interno di laboratori di ceroplastica e la nuova sede del Museo del giocattolo di Piraino, Buttitta ha così commentato: «Apprendo da voi questa notizia. A questo punto, voglio assolutamente affermare la mia massima stima e rispetto nei confronti del lavoro di Piraino. Non accetterò mai – ha aggiunto – che la Fondazione vada ad occupare spazi destinati ad altre importanti attività, come quella del maestro Piraino, che rappresentano un grande valore aggiunto per la città di Bagheria».

Sembra del resto che sia nel destino della Fondazione Buttitta quello di dover competere dei locali, suo malgrado, con altre realtà bagheresi. In questa folle mania del trasloco che da qualche anno pare aver investito le amministrazioni cittadine, la Fondazione Buttitta è stata più volte, coinvolta: in principio furono le ex-scuderie di Villa San Cataldo (già destinate all’Istituto d’arte per i suoi laboratori), poi fu il turno, durante la sindacatura di Sciortino, di Palazzo Butera (progetto soltanto vagheggiato) ed infine, nei primi mesi della giunta Lo Meo, si ipotizzò un insediamento a Palazzo Cutò, proprio nelle sale che sarebbero state liberate da Piraino, in vista del trasferimento alla Certosa del suo museo. Oggi, è il turno della Certosa, ma la storia è sempre la stessa.

L’unica certezza, in questa delirante vicenda, è che Bagheria ha già perduto, almeno per il momento, un’importante realtà museale ed un laboratorio artigianale dedicato all’antica arte del modellare figure in cera, quella stessa arte per cui migliaia di turisti ogni giorno visitano i celebri musei delle cere di Madame Tussauds sparsi nelle più grandi capitali europee. Bagheria, tre secoli fa, ha avuto forse il primo museo europeo del genere, ma come in molte altre vicende, i nostri primati, sappiamo soltanto trasformarli in cenere e nostalgia.

L’ignoranza e l’indolenza ha distrutto già la prima volta quel meraviglioso museo delle cere, in cui i celebri visitatori della città delle ville, principi e sovrani, poeti, filosofi ed artisti, venivano raffigurati, con insuperabile ironia, come frati trappisti dediti alla preghiera.

L’incompetenza e la negligenza degli attuali amministratori rischia di gettare alle ortiche il sogno possibile della rinascita di quel museo. Come nella fiaba di Hoffmann «Schiaccianoci e il re dei topi», chissà se una notte delle prossime, magari proprio quella dei morti, una notte magica in cui molti di quei giocattoli fecero la felicità di tanti bambini, l’esercito dei mille burattini, bambole ed automi, si risveglieranno e, guidati da un principe Schiaccianoci, riusciranno a sconfiggere altri, più plebei, signorotti.

Gianfranco Scavuzzo

(Il Settimanale di Bagheria, 01 Novembre 2013)